Vita, fuga e demolizione di un artista senza nome




Era tornato a vivere in casa con la sorella e i fratelli, a quasi cinquant'anni, dopo la separazione colla moglie, e si sentiva molto invecchiato. Uno di questi fratelli era tocco dalla nascita, e prendeva la pensione (che poi buttava tutta nei gratta e vinci). Secondo alcuni faceva da matto apposta; secondo altri, era il più simpatico e sapiente della famiglia; secondo altri ancora era solo un povero scemo. Vacci a capire con i matti (e con i "sani"?). 
La sorella aveva i suoi problemi di salute, era diventata da poco vedova, e a qualcuno sembrava pure più strana del fratello ma sapeva badare a tutti come le donne di casa del tempo andato.
L'altro fratello non si vedeva mai; dicevano si fosse realizzato. Ogni tanto andava, faceva una battuta; mbò, non so che altro faceva.

Lui di lavoro aveva fatto l'apprendista da un notaio, poi però era diventato avvocato, o procuratore del lavoro. Lavorava pochissimo, perché in quella provincia tutti lavoravano poco, i tribunali e gli uffici non funzionavano e la gente andava a spasso. Pure lui andava a spasso, ma rispetto ad altri fannulloni pensava di avere qualche sensibilità. Una per esempio era la sensibilità, diceva, di non esser bello ma di saper corteggiare le donne e farle cadere ai suoi piedi. Come il poeta decadente (ai piedi) Gabriele D'Annunzio al quale ogni tanto si misurava. 
Un'altra sensibilità era fare delle sperimentazioni in arte, seguendo questa o quella corrente (anche in questo dimostrando di essere molto dannunziano). Nel tempo era passato dai colli di donna alla Modigliani al ready-made di Duchamp fatti a mano con le bottiglie vuote dello sciampo o i pacchetti di sigarette finiti.   
Faceva anche macchiacce più tradizionali, tipo ritraeva grandi tavolate con i fratelli e le sorelle e i genitori. L'altra sorella era morta in realtà, ma lui ce la metteva uguale, per nostalgia; così pure i genitori. Disegnava anche delle nature morte o dei paesaggi difficili, ovvero già belli di loro, che spesso qualcuno gli chiedeva ma non ti rendi conto che a dipingere quel belvedere è la cosa più difficile in assoluto? Sono già belli di loro... che gli vuoi fare tu? Perdi tutto. 
Perdeva.


Delle volte ricacciava delle vecchie fotografie dai bauli e ci faceva i quadri. Dalle fotografie. Una situazione proprio dilettantesca; così per molti famigliari il quadro era andato bene se si rassomigliava alla fotografia: più si rassomigliava alla fotografia più era stato realizzato bene. Lui per dispetto sfumava sempre qualcosa, rendeva dei tratti surreali, svaniti... apriva delle stanze immaginarie di contatto mortale, introduceva l'etereo sfaldamento del senso, e sfiancava così (o credeva di sfiancare) il loro piccolo gusto borghese - non che a loro gliene fregasse chissà quanto.

Tutti i suoi quadri sono incompiuti, compresi quelli a grande panneggio. Li ho visti, posso testimoniarlo. 
Per un verso o per un altro non li portava a termine.
Non vendeva quadri. I quadri non si vendono, diceva... e nemmanco si finiscono. I quadri si lasciano morire come gli zoppi. Rideva. 
Li teneva a casa, li appendeva sulle pareti o li lasciava seccarsi in soffitta. La sua casa era diventata una galleria e agli altri fratelli andava bene - forse non se n'erano manco accorti. Era successo anche che il fratello tocco per giocare ne avesse bucato uno colla forchetta o avesse scrostato delle vernici colle unghie. Le reazioni potevano essere molteplici. A volte si infuriava, a volte non faceva niente, non guardava neanche. Mah, assurdo, diceva il fratello matto.

Era tornato alla casa paterna colla truppa dei fratelli rimasti lì perché s'era lasciato dalla moglie e aveva bisogno di chi gli stirasse, lavasse i panni, preparasse la minestra. Da solo non si sapeva fare niente, era una convenienza per lui vivere coi fratelli e usare la sorella come ristorante e stireria, ma anche per i fratelli era bello che ci fosse, ché più ne erano più si sentivano contenti, potendo ricostruire il nido famigliare a cui tenevano non tanto per l'ideale di famiglia, quanto perché si sentivano soli, e avevano bisogno di parlare, giocare alle carte, fare scherzi, come ai tempi che non era ancora morto nessuno e la casa era piena. 


Il grande pittore ufficiale che viveva in quel paese, conosciuto anche in ambito nazionale come il pittore T., non dipingeva secondo molti colla stessa disperazione sua, né colla stessa cattiveria. Si era creato uno stile suo riconoscibile, ma il grande pittore era pacificato, buono per stare appiccato nei salotti. Lui no, era un'anima in pena, era come una donna che c'ha le cose sue, dicevano. 
Poverino, che deve fare, ha perso tutto.



Non volle e non fece mai successo. Non cercò mai di sfondare nel mondo dell'arte. Ma perché non sfondi come avvocato gli diceva il fratello quello realizzato? 
Ma hai visto quanti avvocati ci stanno qua, gli rispondeva lui... qua è tutti avvocati... qua siete tutti avvocati... Che ne siete uno e due... Tutti avvocati. Chi sfondo? 



Un giorno stavano tutti a fare colazione e il fratello tocco, sgomitato dalla sorella e in assenza del fratello realizzato che guardacaso non c'era mai, decise di parlare al fratello avvocato pittore artista per dirgli che così non andava bene, doveva cercare di fare qualcosa, scrollarsi di dosso quella separazione. Lui (il tocco) e la sorella (la tocca) non ce la facevano più a vederlo sempre torvo e attaccato alla bottiglia. La sorella s'era stancata pure di stargliele a nascondere. Quando crescerai, fratello artista? 
Avrebbero voluto aiutarlo. Forse, disse il tocco, ti conviene a riprendere moglie, magari una nuova, oppure riprenditi l'originale. 
E si propose di aiutarlo. Mettiamoci in soci, gli disse. 
Per fare che?
Per trovare moglie...


Non poteva sopportare che entrassero così in profondità nella sua vita, così da quel concistoro (così l'aveva definito) decise di andare via di casa, in una fuga a cinquant'anni. Non sono fuggito a diciotto. Fuggo a cinquanta e rotti dopo esserci tornato colla coda tra le gambe per la separazione da mia moglie. Bella vita. Ed è fuggito davvero, facendo un grande taglio netto nella sua tela, e lasciando ovviamente anche tutti i suoi quadri a casa, in un abbandono definitivo per provare a ripartire da zero. 

La sua fuga fu – da quello che ne sappiamo – che cogli ultimi soldi prese e se ne andò in Brasile, meta comune di molti suoi paesani, in cerca di giovane moglie e felicità indigena.... magari qualche buon affare. 


Quando gli si so' finiti i soldi, torna qua... commentava il fratello tocco assieme alla sorella.

E riattacca a dipingere.
E a bere.
E le donne.
E i tribunali.
E sempre le stesse cose...

Invece in Brasile finì in carcere e nessuno in Italia lo rivide più (e i suoi quadri alla demolizione del palazzo famigliare saranno presto polvere).

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