La casa di Alda Merini




La poesia di Alda Merini m'ha sempre appassionato poco, troppo lontana da me - troppo lontana da me è forse la poesia stessa. Quando passava in tv però la guardavo con piacere. Soprattutto mi piacevano le interviste, o le foto, comprese quelle più nude decadenti della persona, quelle foto ad ogni modo dove si vedeva il suo appartamento di condominio milanese, la cornice casalinga devastata, il sogno piccolo-borghese all'italiana preso a martellate da quei numeri di telefono scritti sul muro e sullo specchio, le poesie incise dappertutto, lo sporco, il disordine, l'abbandono delle cose; quell'aria da Chi l'ha visto. La realtà un po' quotidiana, sognante realistica, da Italia imprecisa, con dentro ancora qualcosa di qualche lontano ricordo contadino. I colori forti, quelli sbiaditi, alla rinfusa. 
Forse per me è quella lì, la sua casa, la poesia più bella di Alda Merini. 


Una volta quando vivevo a Milano, andai a vedere il suo condominio affacciato sui Navigli, da fuori. Mi sembra che Alda Merini non fosse ancora morta, oppure era morta da poco. In realtà non ero nemmeno sicuro fosse quello il civico giusto né mi ricordo se ci fosse qualche targhetta, ma non credo. Mi cambiava assai poco per come ero fatto (e sono), non avrei mai grattato al suo uscio. Nemmeno se fosse uscita a fare la spessa (la faceva?), l'avrei chiamata. Che me ne fregava di parlarci, che me ne fregherebbe, tuttora, di farlo? Credo ci voglia distanza, nella vita, dalla vita... e dalle cose; figuriamoci dalle persone. E ci vuole freddezza. Con questo non voglio dire che non sono curioso, lo sono fino all'impazzimento, né che non potrei diventare inopportuno, ma non m'aspetto nulla dalla curiosità, né dagli oggetti e dai soggetti della mia curiosità. Ed Alda Merini, in quanto poetessa, ho già detto che mi interessava poco. 
So che pochi, ormai, la pensano così. Oggi gli scrittori mi sembrano persone più attente a pigliare i treni per incontrare qualcuno che conta che a scrivere. E non si perdono mai un appuntamento (presentazioni, letture, festival del libro), né si perdono mai loro stessi, e quando li leggi si capisce al volo: scrittore mai perduto! Ritenta...
D'altronde me li vedo più a fare le poste sotto le case del grande autore, critico, potente di turno, giornalista, direttore di giornale, chiedere al portinaio scusi a che ora scende di casa il tal de tali, che a scrivere una pagina di romanzo o che. Chissà quando scriveranno con tutti gli impegni ferroviari e di portineria che hanno. Tutto quel tempo perso a parlare con questo e quel pezzo grosso, quando in realtà la poesia, se a uno gli interessa la poesia come interessa loro, sta più vicina a quei luoghi e a quei personaggi che con la poesia non c'entrano nulla, che a quei luoghi e quei personaggi che la poesia la incarnano (amministrativamente) o la producono (editorialmente). Ma questo è un altro discorso che non interessa nessuno. E si può finalmente tornare alla casa che ci interessa.

Qui presagisco una rimostranza da parte vostra, come a dire: ok, abbiamo capito, Dinamuccio caro, ti sei fatto il grosso a dire questo non lo vedrei quest'altro lo piscerei e quindi so' mejo dell'artri, ma lo ammetterai almeno in parte che un po' ti sarebbe piaciuto vederla dal vivo, la casa di Alda Merini, oppure vuoi fare il figaccione pure su questo punto? 
Sì, certo, mi sarebbe piaciuto vederla anche dal vivo, la casa di Alda Merini, e non solo alla televisione, avete ragione. Ma posso pure dire che della sua casa mi piaceva ciò che aveva di comune, di impoetico, se si può scrivere così... mi interessava cioè il significato di una donna che non ha voglia di fare i piatti, scrostare i fornelli, cucinare per bene la pasta, riordinare le maglie, mettere le sedie sul tavolo per passare lo straccio... mi piaceva questo, nella sua casa vista dalla tv e dalle foto... è come se dell'ignoto che la sua persona emanava, e ne emanava molto, a me interessasse principalmente ciò che mi era più noto. Perciò, sì mi sarebbe piaciuto vederla quella casa, ma in un certo senso posso pure dire che la casa di Alda Merini è come se l'avessi vista dal vivo da sempre, perché quelle case io le conosco assai bene, tanto che mi piacerebbe pure difenderle, le case (e le persone) alla Alda Merini ma come essere vivente manco totalmente di spirito sociale, nonché di spirito politico. Manco di movimentismo, come si dice in questi anni bui. Fortunatamente, manco. 
Sono sicuro, infine, che case (e persone) alla Alda Merini ce ne sono ancora per fortuna tante e che se vogliamo che continuino a esserci, l'unica cosa da fare è smetterla di volerle difendere. Le cose belle si difendono, pardon, vivono... da sole. Possiamo aiutarle, se ce lo chiedono e permettono, ma appena uno le vuole difendere, salvaguardare, recintare, come la poesia, il teatro, la letteratura, il cinema ecc, puf, immediatamente esse cadono ammazzate, come finissero dentro un museo, o sotto la paletta per le mosche. Muoiono l'attimo dopo.

Quindi non citofonai, non bussai, né chiesi niente a nessuno. Guardai per quanto mi fu possibile, da fuori, la casa di Alda Merini. Poi presi e me ne andai.    

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