Lo zio matto




Sempre più nella nostra società va scomparendo una figura pedagogica fondamentale: lo zio matto. Oggi tutti dicono bella zì ciao zio ma sono solo modi di salutare, svuotati di ogni significato. Dove è finito lo zio matto, quello di felliniana memoria, che saliva sugli alberi voglio una donna? 

In subordine è scomparso anche lo zio che ci insegnava le parolacce. A li mortacci vostri!


Io ho avuto sia uno zio matto sia uno zio porco (più lo zio scrittore che già tante volte ho detto). 
Lo zio porco, quello delle parolacce cioè, a cinque anni mi aveva già dischiuso un mondo di parole e immagini che poi mi sono servite per tutta la vita e che per anni, prima di gettarmi nella sciagurata pratica, m'è stato utilissimo come un fidatissimo compendio amoroso pluridisciplinare. 



Lo zio matto era una persona che finiva tutte le sue frasi con una risata strascicata piena di catarro e bronchite, infatti ogni volta che rideva poi tossiva.... sembrava uno della famiglia Robinson. 
Ne combinava sempre di tutti i colori. A casa i famigliari lo vedevano pochissimo. Preferiva stare tutto il giorno in giro o al biliardo. Beveva come una spugna. Aveva un quoziente intellettivo altissimo tanto che i maestri lo volevano acculturare. Lui però mi raccontava che non voleva essere acculturato perché più ti acculturi (si scriverà così?), più diventi uguale a quelli che acculturano (mbò?). E siccome lui era fatto per l'aria aperta o l'aria chiusa piena di fumo delle salette, voleva rimanere com'era. Tale e quale. 
Figli ne aveva moltissimi. Delle volte tra una cotta e un'altra, si sbagliava pure a dire i nomi... quello coso... come cazzo si chiama? fijjme... lu second...

Alcune sere capitava che rincasasse tardi e molto appesantito dal vino. Lo trascinavano a casa in spalla i compagni (pesava parecchio) ma quando stavano davanti alla porta di casa, rinveniva e li bloccava col suo proverbiale Fermi là! Ora andareLe chiavi mò non le ritrovo e il campanello non lo suono. 
Quando faceva tardi, i figli chiedevano i primi tempi dell'infanzia alla mamma dove sta papà? la moglie diceva sempre, papà dove sta? sta al bordello (il night). Ma non era detto.
Siccome non si ricordava mai dove aveva messo le chiavi, si metteva a dormire come si trovava sopra il pianerottolo di casa, tra la piantina di gerani e lo zerbino. Il tutto per evitare a quell'ora di suonare al citofono, svegliare tutti - ché era un egoista cosmico ma aveva anche delle maniere. Una morale.
La mattina, la portinaia che stranamente lo considerava simpatico (forse perché dava continua linfa alla sua narrativa verista), raccontava che lo zio matto alle sei risbocciava in suso dal pienerottolo candido come un fiore, e più profumato che mai. E filava liscio liscio in fabbrica (prima al bar). 
Beveva sempre molto, però non arrivava mai a fare il molesto. Mi ricordo che dove entrava lui, entrava la risata catarrosa e una grande ventata di allegria come una bandiera nello stadio. Delle volte stavamo a tavola, diceva delle storie, saltando pezzi, non ricapandosi manco per niente, poi se passava mia zia, allora molto bella, un'indiana d'America, portando magari dei grembiulini un poco unti, qualche centimetro sopra il ginocchio, tac, lo zio matto le dava delle pacche forti sul culo, ma da sotto, e diceva ahhh mi sa che non porta le mutande. E se c'ero solo io m'attaccava a dire come bisognava toccare il culo delle donne con vigore senza fare male ma dando a capire che c'è desiderio fisico sincero. 
In paese lo chiamavano tutti Jack, come un personaggio americano gangster. Il grande Jack. Non stava mai a casa. Anche lui mi ha insegnato molte parolacce più segreti per non sfigurare nelle società dell'amore, avocando a sé anche il ruolo di zio porco, senza mai però delegittimare il collega, né scollinando troppo. 

Siccome andava a caccia, portandosi dei cani segugi, quando veniva da noi aveva sempre un po' di puzza di animale addosso. Puntualmente i miei di cani per farlo entrare lo mordevano. Delle volte arrivava tutto mezzo strappato. Mi ricordo che per l'aia bestemmiava come un muratore ma poi non ci ha mai detto m'hanno stracciato i jeans, m'hanno mangiato i bottoni della giacca ecc. Lo zio matto, comunque, ogni mezza parola era una bestemmia. Se qualcuno glielo faceva notare, diceva che il rosario ognuno lo dice a modo suo.

Un giorno mi chiamò mio padre mi disse che lo zio matto stava all'ospedale perché gli si era gonfiata la pancia. Appena andammo in reparto, stava con la camiciola, sul letto, desolato come un bambino che gli s'è bucato il pallone ma ossessionato dal foglio d'uscita che voleva firmare a tutti i costi, "io firmo, me ne vaj e basta"... Ci invitava ogni tanto a toccargli la pancia, era dura come una roccia d'Abruzzi. "Questa è tosta come me, porco mò se ne va". 
Era di quelle pance della forma dei cocomeri che non vanno via manco con le diete quelle nuove ducan o altro, come si chiamano. 
Gli avevano cominciato una cura, poi un'altra, lui diceva che voleva firmare, poi diceva che gli nascondevano il foglio, poi ogni tanto tornava fiducioso, diceva porca madonna, s' dà sgunfià prima o poi sta panz' che vo' fa... e io nella mia scemenza ci credevo pure, che la panza si sgonfiasse, perché io a certi umani credo come si crede ai santi. E lui era sincero.
Invece quel gonfiore era un tumoraccio di quelli bastardi bastardi al fegato. 
E in un mese lo fece. 

Al funerale non ci andai perché non ci vado quasi mai, ma mi hanno raccontato che la gente che lo conosceva stava un sacco triste ma se qualcuno scattava a dire una storia di Jack dopo un po' era impossibile a scacciare il demone naturale della risata. 
Comunque lui era consapevole di essere lo zio matto perché dacché ero piccolo veniva a casa, mi pigliava in braccio a capretto, come si dice da me, cioè con me che stavo cavalcioni sulla sua testa, e diceva io sono lo zio matto.
Gli zii matti di solito hanno una moglie santa (o non ce l'hanno per niente). Così anche il mio: aveva una moglie santa, una che doveva sempre mettere le toppe da ogni parte. Dai rapporti sociali a quelli finanziari. Vabbè, è così che vanno certe cose. 

Lo zio matto nelle società occidentali era il simbolo di libertà in un consorzio famigliare piatto, quotidiano, ripetibile. Oggi i nostri bambini certe cose non le sanno e sono costretti a imparare prima dal vivo l'erotismo e la pornografia e poi i sogni che essi molto limitatamente emanano, perché lo zio matto e lo zio porco scomparendo hanno cessato la loro funzione sociale che era una funzione prima di tutto immaginativa e morale. 
'Fate i sogni, no l'amore', sembravano raccomandarci i nostri zii matti. 
L'amore d'altronde sono buoni tutti a farlo, ma i sogni?


Ps: avrei quasi la voglia di farmi brevettare un bambolotto a carica che invece di dire ciao come stai buonanotte ti voglio bene, insegnasse ai bambini le parolacce che gli zii matti non possono più insegnargli. L'unica paura è che con una società così degradata come la nostra, non li comprerebbe nessuno.

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